OMELIA 31 DICEMBRE 2024, OTTAVA DI NATALE

Tradizionalmente la fine d’anno porta con sé qualche tentativo di bilancio.

Non mi sottraggo a questa consuetudine ed evidenzio alcuni temi su cui attrarre la vostra attenzione a partire dalla Bolla di Indizione del Giubileo pubblicata dal Papa nello scorso mese di maggio e dal Discorso alla Città pronunciato dall’Arcivescovo il 6 dicembre scorso, in occasione della solennità di S. Ambrogio.

Entrambi i testi partono da un importante presupposto che è l’alleanza di Dio con l’uomo che non viene mai meno e che risuona particolarmente nell’Anno Giubilare.

Qualcuno si è domandato se gli Anni Giubilari passati hanno lasciato tracce nelle nostre scelte: certamente oggi siamo invitati a prenderci una pausa da un ritmo diventato vertiginoso per lasciarsi cogliere dal mistero di Dio, ascoltare la Parola, riflettere, decidere, gioire per la condivisione.

L’Arcivescovo parla di “sguardo contemplativo”. Nel suo Discorso alla Città, l’Arcivescovo invita al sollievo una città in cui la gente è stanca. Sintetizza così:

“La gente non è stanca della vita, perché la vita è un dono di Dio che continua a essere motivo di stupore e di gratitudine. La gente è stanca di una vita senza senso, che è interpretata come un ineluttabile andare verso la morte. È stanca di una previsione di futuro che non lascia speranza. È stanca di una vita appiattita sulla terra, tra le cose ridotte a oggetti, nei rapporti ridotti a esperimenti precari. È stanca perché è stata derubata dell’“oltre” che dà senso al presente, sostanza al desiderio, significato al futuro.”

Per passare poi ad elencare una serie di scelte e atteggiamenti sbagliati, inconcludenti, dannosi.

Prendendo spunto dal Giubileo indica alcuni attenzioni e passi da compiere “per aggiustare il mondo”. Mi permetto di riprenderne tre:

  • Innanzitutto, il tema dell’educazione sui vari fronti. Spesso coloro che dedicano la loro professionalità ad affrontare responsabilità educative ed assistenziali sono “stanchi e logorati dal carico di lavoro e da adempimenti burocratici”.

Dice l’Arcivescovo:

“I ragazzi e le ragazze guardano e spesso si chiedano: ma vale la pena di diventare adulti, se gli adulti sono così spesso scontenti, arrabbiati, incapaci di dire una parola che benedica la vita?

Il sollievo così atteso non è auspicato solo dalle tante stanchezze riconosciute; esso è domandato con forza dal futuro, dai giovani assetati di vita e spaventati dalle logiche malvagie e distruttive che vedono in atto. A loro siamo debitori di un impegno straordinario perché, in una rinnovata alleanza tra generazioni, anch’essi possano sperare e dunque mettersi in gioco per far procedere la realtà su strade di bene.”

  • Poi l’urgenza della pace. Dice ancora l’Arcivescovo:

“L’anno giubilare può essere il tempo propizio per diventare pellegrini di speranza, per farci carico dell’educazione alla pace nelle scuole, negli oratori, nelle attività culturali, nella pratica sportiva, in ogni ambito della vita sociale. L’educazione alla pace chiede un impegno costante per estirpare le radici dell’odio e della violenza sparse dappertutto e che talora esplodono tragicamente tra le pareti domestiche, nelle vie della città, negli stadi. Ha bisogno di una cultura di pace che rilegga la storia e ne impari la lezione: la guerra è sempre una sconfitta, una sciagura per vincitori e vinti, scatena sempre reazioni e vendette che producono frutti avvelenati.”

La pace nasce da una spiritualità che coltiva il seme della fraternità.

  • Infine, segnalo il terzo elemento che avevo già avuto modo di constatare in passato e che si è ripresentato in questi primi mesi di ministero a Milano: l’emergenza casa. Da intendere in un duplice senso: l’urgenza dell’abitazione per tutti, dato che il diritto alla casa è avversato da sempre più evidenti squilibri e diseguaglianze, ed inoltre “la casa per abitare non per fare affari”. Il mercato immobiliare milanese ha raggiunto livelli tali da essere spesso scoraggianti o impossibili. Senza dire di case non abitate, gestite per fare soldi.

Si tratta di innescare un tragitto di riflessione ed un processo di responsabilità.

Avviandosi alla conclusione del suo discorso l’Arcivescovo offre le seguenti osservazioni:

“Lasciare riposare la terra non significa scegliere di assentarsi dalla storia o immaginare un periodo di semplice inerzia. Al contrario, si tratta di un esercizio fortemente attivo: chiede di raccogliere tutte le energie per evitare di continuare a fare quello che si è sempre fatto e riuscire a sospendere le abituali azioni per ascoltare e cogliere il grido di aiuto che si eleva dalla terra.

La speranza nasce anche grazie alla (e in conseguenza della) assunzione di responsabilità individuali e collettive. Significa lasciarci guidare da Dio, nel leggere e accogliere tutte le grida e le domande di riparazione che la terra mal coltivata e sfruttata eleva ogni giorno, dentro le nostre vite.”

Chiediamo al Signore che l’Anno del Giubileo sia un crescere nella speranza e nel riposo che ci fanno più umani.

Con l’intercessione di Maria che custodisce nel suo cuore la Parola di Dio.