Colpisce nella visita alle famiglie svoltasi in questo mese la scoperta dell’immensa domanda di cui siamo fatti, lo struggente bisogno di perdono e di amore che “siamo”.
Lo si scopre anche solo affacciandosi nell’intimità della vita familiare. Ne è segno la gioia che i bambini portano, capace di scaldare il cuore e di far illuminare e sorridere magari un intero palazzo. Lo si legge in certi volti segnati dalla delusione e dalla fatica che sembrano implorare nascostamente un aiuto. Appare evidente dentro lo sguardo stanco di tanti anziani.
Essere attenti a queste diverse sfumature espressive significa entrare sempre di più nel mistero della nostra umanità, scoprire il nostro essere creature “fatte di carne”, bisognose, sempre alla ricerca e con nel cuore la domanda di poter fare un cammino che ci faccia di nuovo sorprendere e commuovere.
Ecco, Natale è la festa che i cristiani attendono e vivono nello stupore sempre rinnovato di accostarsi a un Dio che si è fatto Uomo, prossimo a noi, che è venuto a stare in mezzo a noi, a condividere le nostre semplici vite, a soffrire nelle nostre fatiche e a gioire delle nostre gioie.
Eppure sembra che questo “nostro Occidente”, di cui facciamo parte, non attenda più nessuno, e tanto meno Te: intendo Te, Gesù vero, quello che realmente non trova un alloggio per essere accolto.
Di Te abbiamo fatto un Cristo innocuo: che non fa male e non disturba; un Cristo che è già riscaldato e che quindi non deve chiedere nulla al nostro cuore.
Eppure Tu vieni, Gesù! Vieni sempre, Gesù! E vieni anche in mezzo alla nostra indifferenza. Vieni perché vuoi venire per salvarci.
È così la legge dell’amore. Se sapremo accoglierti, stupiti come bambini, ci donerai tutto ciò che il nostro cuore attende. Che il Bambino di Betlemme doni davvero a tutti “quella gioia e quella pace che sole possono colmare l’attesa dell’animo umano”, anche e soprattutto attraverso quelle sue vie talora imperscrutabili, ma sempre “provvidenziali” e…tutte da raccontare e da vivere.
A tutti un caro augurio di buon Natale don Mario, don Giorgio e don Gabriele