Sembra il titolo di un film di Boldi e De Sica ma è solo il racconto di questo ultimo mese, arrivato un po’ in ritardo perchè anche senza i ritmi italiani, anche qui in Zambia a Natale i preti sono piuttosto presi.
Io sto bene e direi proprio che mi sono riambientato.
a presto.
don Stefano
Primo Natale a Mazabuka: tante le differenze rispetto al Natale in Italia, Si comincia dalla temperatura, sempre sopra i trenta gradi con la stagione delle piogge che per adesso ci ha regalato solo qualche temporale notturno, sufficiente a trasformare il panorama da giallo sabbioso in verdissimo. Impressionante come basti qualche goccia d’acqua per far fiorire quella che sembrava terra morta.
Tutti gli zambiani sono stati presi dal virus della semina e ovunque sono spuntati campi di mais che adesso hanno pianticelle di trenta centimetri. Lo loro fede nella “provvidenza” metereologica è ammirevole mentre noi siamo sempre in ansia (per loro) quando la pioggia tarda più di una settimana e le foglie iniziano ad accartocciarsi. Le preghiere dei fedeli della Messa domenicale vertono spesso sull’acqua ma nessuno dubita che l’acqua verrà anche se lo scorso anno il raccolto era stato scarso e il sacco di farina è quasi arrivato a 200 kwacha rispetto agli 80 soliti.
Molti, soprattutto nei villaggi, mangiano una volta al giorno e si vede in giro tanti che raccolgono le erbe più disparate ma per loro sempre commestibili. Per fortuna è arrivata la manna dei manghi: ci sono tantissimi alberi spontanei che producono centinaia di dolcissimi manghi. I ragazzi li mangiano da mattina a sera (non sanno mai dirmi quanti ne hanno mangiati) ed è bellissimo vedere la loro gioia quando gli chiedi di regalartene uno. Fanno a gara ad arrampicarsi per raggiungere i più grossi e maturi e poi te lo consegnano fieri. Effetto collaterale di questa bellezza è che in ospedale il reparto pediatria abbonda di gambe rotte per bambini caduti dai manghi… Ovviamente qui non esiste nulla della nostra tradizione dei regali e neanche dei pranzi familiari.
La vigilia, tornati dalla Messa prefestiva (niente Messa di mezzanotte), io e don Roberto abbiamo aperto i tre pacchetti che avevamo: una bottiglia di vino dalle suore, un set di tazze da altre suore e il regalo della mia famiglia arrivato in valigia dall’Italia a novembre. Si fa in fretta… Per il cenone ci siamo organizzati noi cinque preti di Milano, radunandoci in una delle nostre parrocchie e affidandoci all’ottima cucina del decano don Francesco che aveva nascosti in casa alcuni tesori dell’ultimo viaggio italiano: coppa, salame, Chianti e Braulio riserva. A questo si è aggiunto un ottimo vitello tonnato e per il giorno di Santo Stefano il tacchino che per un anno abbiamo nutrito con tanto amore e ingrassato per bene così che potesse dare gloria a Dio e allietare la nostra festa del protomartire dopo che Master lo ha ammazzato e spennato per noi. Adesso l’altro tacchino maschio si aggira tutto impettito nel suo harem di tacchine ignorando che la Pasqua non è lontana…
Il Natale zambiano si concentra quindi sulla celebrazione religiosa che come sempre è preparata per settimane dal coro, i chierichetti e le Banastella (le ballerine). Il 22 ci sono state le Christmas Carols dove si sono esibiti tutti i cori parrocchiali dai bambini fino agli adulti oltre che naturalmente e, con grande gioia di tutti , i preti e le suore. Il canto è per gli zambiani uno delle massime gioie: provano per settimane ripetendo allo sfinimento i canti. Non esistono partiture ma non si sa come riescono ad armonizzare a tre e quattro voci. Anche alla Messa più feriale con tre persone…cantano a quattro voci con spesso risultati non eccelsi. Se l’intonazione non sempre è perfetta l’entusiasmo e la passione non mancano: da noi i canti sono spesso bisbigliati qui siamo sempre sul ff (per i non musicisti: fortissimo). Il pomeriggio di canti ha passato le tre ore…
Messa di Natale molto solenne con le suore che hanno bardato l’altare come quanto di più kitch hanno trovato: abbondavano le luci intermittenti (i cinesi spopolano in Zambia), fiori di plastica, ghirlande multicolori e decorazioni luccicanti a forma di cristallo di neve (nessuno però sapeva che era neve…). In questo gli zambiani sono veramente a sud, più a sud anche del nostro sud… Dopo la Messa della mattina (ore 8) a cui hanno partecipato praticamente le stesse persone che erano venute a Messa alla vigilia, sono andato nel villaggio di Cisoba dove dovevano radunarsi anche i cristiani di altri due villaggi. Un gruppo è arrivato: trenta persone sul cassone di un camion, mentre l’altro gruppo ha aspettato inutilmente che arrivasse il trasporto prenotato ma mai pervenuto (mai pagare in anticipo in Africa). Cose all’ordine del giorno in Zambia. Anche qui Messa solenne nella piccola chiesina stipata e poi seduti sul prato, polenta per tutti con pollo e verdure.
Il momento più significativo che mi ha veramente aiutato a fare il Natale è stata la Messa in carcere che siamo riusciti a celebrare dopo mesi di richieste e mail andate a vuoto.
Qui a Mazabuka nel territorio della nostra parrocchia, c’è un carcere per reati minori (meno di 5 anni di pena) dove sono rinchiusi quasi 300 uomini. La Messa è stata celebrato su un piccolo tavolino sotto un telone lacero da camion che proteggeva dal sole ma esasperava il caldo. Abbondanza di mosche e tutti i carcerati seduti per terra con gli occhi sgranati e grande raccoglimento. C’erano anche una trentina di giovani che hanno cantato con la loro tipica spigliatezza e senza nessun imbarazzo.
Non pensavo di riuscire a celebrare senza commuovermi ma la circostanza era veramente impressionante. Quale posto migliore per annunciare che Dio ha mostrato il suo amore superando ogni distanza e facendosi uomo per ogni uomo se no non sarebbe nato in una mangiatoria adorato dai pastori e morto (dopo essere stato carcerato) tra due malfattori. In nome della nostra umana giustizia non possiamo evitare di costruire prigioni ma non sono le prigioni che possono salvare e cambiare la vita di una persona. Veramente ciascuno di noi ha bisogno dell’annuncio del Natale e solo in quello possiamo porre la nostra speranza. Nel carcere di Mazabuka queste parole e questo annuncio trovano il loro luogo più adeguato e provocatorio perché potesse risuonare ancora una volta per me tutto lo scandalo dell’incarnazione e l’urgenza e la decisività della missione verso ogni uomo.
Alla fine della Messa, numerosi bis e poi le ragazze, senza alcun imbarazzo o malizia, hanno ballato davanti a trecento carcerati uomini che si sono comportati con grande signorilità e cavalleria (neanche un fischio o un commento sguaiato: io ero un po’ preoccupato)! Che popolo incredibile quello zambiano: sono capaci di farti arrabbiare per mille disorganizzazioni e ritardi, ma talvolta tirano fuori una umanità che sembra venire da prima del peccato originale… C’è sempre da stupirsi e convertirsi.
A presto ds