Ultima domenica dopo l’Epifania
“Fu guardato e vide”
Gesù viene ad ogni istante a salvare il mondo ferito. Si occupa di chi ha bisogno e non ce la fa, di chi annaspa e all’esterno cerca di mostrare una realtà impeccabile, così diversa da quella che in verità vive.
Ci incontra proprio lì, nei nostri vuoti, quando non ci piacciamo, quando vogliamo scrollarci di dosso le nostre inerzie e le nostre fragilità e non ci riusciamo. Ci guarisce con il suo perdono e la sua potenza, ci fa rinascere, ci dà un’altra possibilità di vita nuova, accompagnata da una grande fiducia, perché Lui è sempre con noi, in noi.
Domande all’Arcivescovo durante la Visita pastorale
- L’ Educazione alla carità e alla vita fraterna.
Come non vivere questo “lavoro” come un dovere?
Riconoscere il nostro bisogno ci porta alle radici del bisogno, cioè al rapporto con il Signore. Come superare l’aspetto di costrizione, di dovere? In primo luogo, bisogna comunque dare valore al dovere, all’impegno. Se, per esempio, devo fare il doposcuola il tal giorno, io so che mi aspettano, non lo faccio quando ho voglia; ho dato un’adesione, e questo mi aiuta anche quando non ho voglia. Questo “fare le cose per dovere” non è per forza negativo, perché ci aiuta a essere fedeli, scuote la non-voglia.
Ma la sua domanda spinge in profondità, dice che fare le cose per dovere è farle senza coinvolgimento personale, che è invece l’unica cosa che rende l’opera che faccio qualcosa che stabilisce una relazione: attraverso quello che facciamo ci coinvolgiamo e ci lasciamo plasmare, perché fare le cose buone fa diventare buoni. Bisogna far diventare l’opera una relazione, capire che chi ho davanti è un uomo come me, e che io lo aiuto perché sono stato aiutato. Sono persone come me, che hanno lo stesso desiderio di felicità che ho io. Far diventare la prestazione relazione. È anche importante accompagnare la carità con la preghiera, per non vivere dello schema Marta-Maria; non sono due tipi di vita, l’intenzione profonda del Vangelo non è dire che è meglio Maria di Marta, ma che l’agire è frutto di un amore che ci precede. L’amore e l’ascolto della Parola permette di fare l’opera di carità che mi trasforma. «Avevo fame e mi avete dato da mangiare». Il gesto ha una profondità teologica, è un modo di entrare in comunione con Gesù. Bisogna tenere viva la radice della carità.
Le parole dell’Arcivescovo di Mosca Mons. Paolo Pezzi di fronte al dramma della guerra in Ucraina
Quale il ruolo dei cristiani in Europa?
Ho detto domenica alla comunità cattolica di Mosca: occorre che noi crediamo veramente nella forza del perdono. Il perdono però chiede una conversione del cuore perché chiede di cambiare lo sguardo sull’altro. Certo, è un miracolo. Però, non dobbiamo dimenticare che la preghiera è veramente potente. La preghiera piega non solo il cuore degli uomini, ma piega anche il cuore di Dio, come santa Teresina ci insegna. Noi a questo dobbiamo credere. Non bisogna avere paura. Chiedere con tutto il cuore e con tutta sincerità a Dio il miracolo del perdono.
Sembra un’impresa impossibile. Questa è una guerra, una ferita che va avanti da otto anni. È possibile il perdono?
Il perdono non solo è possibile, ma è necessario. Non c’è un’altra strada. Questo è quello che ci ha lasciato Nostro Signore. Non esiste una soluzione magica dei problemi. Dove è in gioco la libertà dell’uomo, è possibile l’iniziativa. E l’iniziativa positiva è il perdono, offrire e desiderare misericordia.
In questi processi così difficili di pace, quanto è importante che i leader delle Chiese cristiane, di Mosca e di Roma, si incontrino?
Penso che possa aiutare molto. Basterebbe pensare allo storico incontro tra papa Paolo VI e il patriarca Atenagora, alla fine del Concilio Vaticano II, a Gerusalemme, e alla dichiarazione di perdono reciproco che sottoscrissero. Abbiamo visto quello che è avvenuto dopo, negli anni a venire, e cioè un crescere di incontri e passi di dialogo importanti. Il perdono è certamente un impulso anche alla pace, alla giustizia e a una ripresa sociale ed economica. Il perdono è una forza che agisce a 360 gradi.
dal sito della Chiesa di Milano