«Venuto a mancare il vino, la madre di Gesù gli disse: “Non hanno vino”» (Gv 2, 3)
Le nozze di Cana costituiscono la prima uscita pubblica di Gesù dopo la manifestazione al Giordano e la successiva chiamata dei primi discepoli. In questa casa troviamo Gesù invitato, scopre che è venuto a mancare il vino, e non si riesce a trovare una soluzione. Dietro suggerimento della Madre Gesù compie il miracolo; però l’evangelista tiene a sottolineare che l’operato di Gesù deve essere letto non come un fatto prodigioso, ma come “segno“. Il nucleo di tutta la narrazione non consiste nella trasformazione dell’acqua in vino da parte di Gesù, ma nell’esito finale che tale fatto straordinario ha come conseguenza: la fede dei discepoli.
La parola del Papa: commento al Vangelo di Giovanni cap. 1
All’inizio del Vangelo di S. Giovanni ci viene detto che la Parola «si fece carne e venne ad abitare in mezzo a noi» (v. 14). Si fece carne: perché san Giovanni usa questa espressione, “carne”? Non poteva dire, in modo più elegante, che si fece uomo? No, utilizza la parola carne perché essa indica la nostra condizione umana in tutta la sua debolezza, in tutta la sua fragilità. Ci dice che Dio si è fatto fragilità per toccare da vicino le nostre fragilità. Dunque, dal momento che il Signore si è fatto carne, niente della nostra vita gli è estraneo. Non c’è nulla che Egli disdegni, tutto possiamo condividere con Lui, tutto. Dio si è fatto carne per dirci, per dirti che ti ama proprio lì, che ci ama proprio lì, nelle nostre fragilità, nelle tue fragilità; proprio lì, dove noi ci vergogniamo di più, dove tu ti vergogni di più. È audace questo, è audace la decisione di Dio: si fece carne proprio lì dove noi tante volte ci vergogniamo; entra nella nostra vergogna, per farsi fratello nostro, per condividere la strada della vita.
Si fece carne e non è tornato indietro. Non ha preso la nostra umanità come un vestito, che si mette e si toglie. No, non si è più staccato dalla nostra carne. E non se ne separerà mai: ora e per sempre Egli è in cielo con il suo corpo di carne umana. Si è unito per sempre alla nostra umanità, potremmo dire che l’ha “sposata”.
Il Vangelo dice infatti che venne ad abitare in mezzo a noi. Non è venuto a farci una visita e poi se n’è andato, è venuto ad abitare con noi, a stare con noi. Che cosa desidera allora da noi? Desidera una grande intimità. Vuole che noi condividiamo con Lui gioie e dolori, desideri e paure, speranze e tristezze, persone e situazioni. Facciamolo, con fiducia: apriamogli il cuore, raccontiamogli tutto. E senza timore invitiamolo da noi, a casa nostra, nella nostra famiglia. E anche – ognuno lo sa bene – invitiamolo nelle nostre fragilità. Invitiamolo, che Lui veda le nostre piaghe. Verrà e la vita cambierà.
Papa Francesco Angelus 3 gennaio 2021
IL FONDO SAN GIUSEPPE
Il fondo San Giuseppe nato dalla collaborazione tra la Diocesi e il Comune di Milano sta svolgendo una grande opera di aiuto alle povertà di questi mesi. Fino ad ora sono stati raccolti e distribuiti circa 8 milioni di euro grazie anche alla generosità dei fedeli. Ne parliamo con il presidente Mons. Luca Bressan
A chi, soprattutto, bisogna dire grazie ? Occorre ringraziare il circuito di solidarietà che si è creato e che mi pare davvero esemplare di una cultura della cura – come dice papa Francesco -, capace di seminare quella speranza che l’Arcivescovo continua a chiederci. Allo stesso tempo, è anche un invito a continuare a donare, perché il momento più pesante è ancora davanti a noi, in quanto le conseguenze economiche della pandemia sono lungi dall’essere concluse.
Fra le categorie più sostenute vi sono i cassaintegrati, e anche se l’obbligo di non licenziamento è stato prorogato fino alla fine di marzo, la situazione si prospetta non facile…Certo. A tale proposito, in questi mesi di vita del Fondo, nato il 19 marzo 2020 (festa di San Giuseppe), abbiamo visto un’evoluzione nella tipologia di chi ha chiesto aiuto. Siamo partiti dal mondo della ristorazione e delle collaboratrici familiari, per arrivare adesso anche ai liberi professionisti: anche loro iniziano a sentire la fatica di un anno senza lavoro.
L’Arcivescovo dice: «Ciò che rende insopportabile la vita non è la povertà, ma è il sentirsi abbandonati.
L’idea è quella di aiutare la gente a vedere un futuro concreto, perché il fine naturale del San Giuseppe – e dell’altra branca del Fondo, che è “Diamo Lavoro” -, è andare verso forme di accompagnamento e di reinserimento nel mondo occupazionale, al di là dell’aiuto pecuniario immediato.
Qual è l’aspetto che più l’ha colpita, come presidente del Fondo San Giuseppe?
Mi ha impressionato il fatto che il Fondo sia stato sostenuto da una miriade di persone che esercitano la solidarietà nel segreto dei loro cuori e, spesso, in modo reiterato. Questo dice di una cultura della solidarietà radicata e che ci può cambiare, aiutando a contenere i rischi di un aumento di quella rabbia, contro tutto e contro tutti, che la crisi – da cui non sappiamo come uscire – può scatenare.
AVVISI 17 gennaio
Vivere il quotidiano
Dopo i giorni delle festività il richiamo che ci viene dalla liturgia è quello di riconoscere che l’amicizia di Gesù va cercata e vissuta dentro la realtà del quotidiano come ci insegnano le feste dei santi e dei martiri che ricordiamo in questi giorni.
Santi
Lunedì 18 ricordiamo la festa della Cattedra di Pietro pregando per il Papa e la sua missione.
Mercoledì 20 e giovedì 21 la festa dei Martiri Sebastiano e Agnese.
Settimana di preghiera per l’unità dei cristiani
Dal 18 al 25 gennaio le Chiese cristiane pregano – e noi insieme – il Signore per chiedere il dono dell’unità
Per aiuto alla carità e alla Parrocchia
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